quando siamo tristi ridiamo di più perché la tristezza ci mette a disagio e mette a disagio gli altri. Se diciamo a qualcuno che siamo felici, sereni etc. le reazioni variano dalla condivisione all'invidia, ma quando ammettiamo di essere sul fondo nel migliore dei casi scateniamo la compassione, le persone abbassano gli occhi, cambiano argomento, fanno una battuta. Confortare è difficile, penoso a volte, richiede molta più forza di quanta ne abbiamo.
Ridiamo, di noi stessi e degli altri, fino a sentire le lacrime scorrerci sul viso, fino a quando la nostra maschera si scioglie e come tristi e vecchi clown di un circo di periferia torniamo nel nostro camerino, e per quanto impegno possiamo metterci, lavando via tutto il trucco, troviamo un volto affranto e riusciamo a contare ogni pena in ogni ruga, scorriamo con i pensieri l'ilarità che abbiamo condiviso e soffriamo perché il dolore mascherato , seppur ben visibile, è stato ignorato, abbiamo riso chiedendo aiuto e ci siamo visti piccoli in fondo all'arena, con la folla gaudente intorno a noi.
Come in una sala di specchi, calici alti e voci acute, il riflesso dell'angoscia amplificata come potrebbe esserlo il suono di un'unica voce in un' aula circolare, chiara ed inconfondibile, ma il pubblico aveva pagato solo per ridere , triste e vecchio pagliaccio, tutti sono corsi fuori dal tendone e tu sei rimasto seduto nella sabbia, le scarpe troppo grosse, la giacca troppo stretta ed allora urli con tutta la tua forza ma non hai più voce e l'immagine di te stesso è l'immagine della pena stessa.
Le luci si spengono una ad una, ti alzi e sei più curvo e più vecchio di ieri.
Domani ci sarà un altro spettacolo signori! ha! ha! ha!
S.
Giovanni Papini ha scritto : ridere significa avere paura. L'uomo è "l''animale che ride" perché lui solo sa di dover morire.
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